Il vino nell’antichità ha rivestito un ruolo importante. Ma questa centralità valeva solo per i gli uomini.

Il rapporto vino-donna, infatti, fu particolarmente controverso.

Nell’VIII secolo in Grecia comparve il simposio, rito collettivo in cui il protagonista era il vino. L’assenza delle donne ‘oneste’ è stata interpretata come un’interdizione del vino per le donne greche. Senofonte ricorda che le giovani, infatti, o erano escluse dal vino, o potevano consumarlo mescolato ad acqua. In realtà però non mancano testimonianze di eccessi proprio da parte di donne, sia nella letteratura che nelle scene riprodotte su vasi. E’ probabile, quindi, che lo sviluppo della pratica simposiaca abbia costituito un tentativo da parte degli uomini di ‘accaparrarsi il vino’ e di controllare le donne.

Anche il quadro dell’antica Roma è poco chiaro. Già Romolo, fondatore della città di Roma, nell’VIII secolo a.C. si preoccupò di stabilire in quali casi il marito poteva uccidere la moglie, individuandoli nell’adulterio e nell’aver bevuto vino. Bevendo, infatti, le donne potevano perdere il controllo e comportarsi in maniera disdicevole: secondo quanto afferma Valerio Massimo, “la donna avida di vino chiude la porta alla virtù e la apre ai vizi” (Val. Max. 6.3.9).

Ma come si accertava la condizione della donna? Un antico costume prevedeva il cosiddetto ius osculi, ossia il ‘diritto di bacio’. Osculum era appunto il bacio che i parenti maschi davano sulla bocca alle matrone per controllare l’alito e accertarsi che non avessero bevuto vino. Ma le donne presero contromisure: infatti, dopo aver bevuto, masticavano foglie di alloro per mascherare l’odore del vino!